un mezzogiorno che si schianta

Oggi sono uscita a mezzogiorno. sono andata al parco. mi sono seduta su una panchina. gli alberi davanti.
l’autunno sta arrivando e io sono ancora qua a disegnare le costellazioni sul banco con i pezzi di plastica rotti delle biro e pensare che ci sia tu con me a guardarle. c’è un tizio che sta camminando nel parco. passa una macchina ma è come se fossi in un universo a parte, come i gatti che preferiscono morire da soli. mi appoggio allo schienale della panchina e guardo in alto, i rami coprono le nuvole. mi chiedo perché ci ostiniamo a riattaccare le foglie cadute sugli alberi perché sembrino ancora vive, perché non le lasciamo morire tutte insieme tra i mozziconi e la terra. passa una macchina e mi chiedo come sarebbe l’elettrocardiogramma di un parco che respira.

mi era venuta in mente una cosa che non mi ricordo più. ho perso il filo e spero lo ritrovi uno che fa jogging che ha dimenticato gli auricolari a casa.

Una sera #2

Stanotte mi sono addormentata alle cinque meno dieci. Colpa del caffè, colpa dei pensieri ma comunque il sonno l’ho visto dopo ore, e per passare il tempo mi sono messa a riflettere. 
Il tempo che passiamo dormendo è preziosissimo. Potremmo fare tantissime cose, di notte, e invece dormiamo. 
Lo so, è fisiologico, ci è necessario per vivere, senza sonno non riusciremmo a stare in piedi, e palle varie, ma forse non è così. Usare tutto il tempo che abbiamo a disposizione sarebbe impossibile, ma perché abbiamo bisogno di dormire almeno otto ore a notte? Quattro non basterebbero?

Non ha senso, me ne rendo conto, però mi sa un po’ di carpe diem, questa cosa del sonno. Io, ad esempio, ‘spreco’ dormendo otto/nove ore e quindi me ne restano solo quindici in media da vivere e fare quello che voglio. Se ne dormissi quattro avrei venti ora per vivere  e potrei fare molto di più. Non avrei la forza per reggere, ma on sto parlando proprio di quello, voglio fare un discorso a livello più astratto, meno pragmatico. 

E il tempo che passo vivendo come dovrei gestirlo? A volte mi capita di avere tre ore a disposizione e passarle al computer, mentre potrei andare in bici, scrivere, uscire… 

Quindi indipendentemente dal dormire-stare svegli-quattro ore in più-quattro ore in meno penso che si debba gestire meglio il tempo che ci è dato a disposizione per vivere alla giornata, per riuscire a fare tutto….

 

dormiremo quando saremo morti

Una sera.

Sono appena tornata dalla manifestazione di Libera in centro per il 19 luglio. Come sempre non c’era troppa gente, ma agli eventi, agli incontri, alla concretizzazione della cultura molta gente dice di no e lo sappiamo bene. Il qualunquismo dilaga e non ci possiamo fare nulla, ma noi creiamo comunque perché non si sa mai, tra un sorso di vino e delle fotografie qualsiasi chiunque può diventare qualcuno. 
Comunque, mi sono portata dietro piccole, ad esempio: ho rivisto il mio ex e non mi ha fatto effetto, per nulla, quindi YEAH abbiamo superato anche questa batosta. Poi mi hanno fatto molti complementi per le foto: ho fatto un trittico usando come base un collage di photoshop con uno sfondo di carta di giornale e foto di vari mafiosi sopra, su cui ho collagiato (?) una foto di Falcone e Borsellino; il tutto l’ho stampato su carta plastificata che ho schizzato e ricoperto il tutto di ketchup, e il fotografo di mio padre ha scattato una sequenza delle mie mani che pulivano la salsa, poi abbiamo montato tutto con il fedelissimo photoshop (che mondo sarebbe senza di te!) e realizzato tre fotazze in A3 che hanno occupato un terzo del wall (questi inglesismi che il mio preside non approverebbe, tsk). non ero soddisfattissima del risultato ma, figa, è venuto bene! E mi hanno appunto fatto molti complimenti per l’inventiva, e mi è venuta voglia di creare, creare, creare. Mi sento una parartista (?), ma proviamo. Adesso ho in mente una serie di disegni con cui decorare i mobili, ci penserò.

Inoltre ieri sera mi sono ripresa per Harry Potter. Cioè, sono fissatissima de secoli, ma ieri la mia migliore amica mi ha preso per il culo per le Fremione e ne ho lette un paio, e miiiinghie se mi sono rifissata! anzi, ne scriverò una anche io ora. 
Ah, dio, brutto il mondo delle fisse!

Una mattina dopo la notte

Le nove e trentuno di martedì diciassette luglio, è la vostra Abby che parla!

Mi piacerebbe condurre un programma radiofonico, fare la speraker per qualcosa o anche solo dare gli aggiornamenti sul traffico. Quanto odio li aggiornamenti sul traffico. Però adoro parlare, con tutti. Conoscere le persone è come scartare un regalo, impacchettato da infiniti fogli di carta velina; ogni parola detta, ogni concetto espresso, è un foglietto in meno, e anche se vivesse in eterno non riuscirei a toglierli tutti. La mia migliore amica la conosco da tre anni più o meno e a volte mi sorprende ancora. Le piace il verde, le piace scrivere, le piace andare al parco con un trancio di pizza (fredda) e stare a cazzeggiare come una barbona; non le piace il formaggio, ricevere cartoline, non le piacciono le persone invadenti. (tutto ciò fa molto “favoloso mondo di Amelie”) Ma poi? Non so cosa vuole fare da grande, non so se le piace andare al cinema o preferisce stare a casa sul divano a guardare il film in tranquillità. Non so se le piacciono i fumetti o le canzoni che parlano d’amore. Però di lei so tutto, o quasi.
mi piace parlare con gli sconosciuti, soprattutto quelli che incontro ai concerti. Condividi con loro un momento importante ma non sai chi siano, da dove vengono, se li rivedrai. è un’opportunità che ci viene data, ma a che serve sfruttarla? Devo rifletterci.

Oh, miseriaccia, sto per perdere il pullman. Ecco non mi piace parlare con gli sconosciuti in pullman, in pullman voglio leggere.

La stessa notte di prima.

How does it feel to be one of the beautiful people?

Ho scritto il primo post e mi sentivo soddisfatta, vedevo che c’erano nuove strade davanti a me, nuovi impegni, nuove possibilità. Ma soffro leggermente d’insonnia, e a volte capita di sentirmi più sveglia a mezzanotte e mezza che a mezzogiorno, allora mi sono messa a guardare delle foto che ho fatto a marzo durante in gita scolastica. E mi viene in mente una canzone appena vedo le foto di alcuni miei compagni di scuola. The beautiful people, Marilyn Manson. Ora, chi mi conosce sa che penso a mr Manson ogni secondo della mia vita, ma questa volta non è stato casuale. E’ il riflesso di come vedo la gente che mi circonda: ossessionata dal voler apparire, sfarzosa, che si mette in mostra, e che si crea un personaggio da finta GossipGirl criticando gli altri, offendendoli, e lottando con le unghie laccate Chanel e i denti sporchi di rossetto per essere di più. Per essere le suddette ‘beautiful people’. Ma in effetti come ci si sente a essere uno delle ‘belle persone’? Sì è più forti di altri perché si hanno più mezzi, e la forza si conta sulle magliette Abercrombie e sulle borse Vuitton. Perché la gente vuole apparireapparireapparire sembraresembraresembrare. Più hai, più sei, più avrai e sarai.
Ma sono solo questo? Non ci sono più i forti, la cui esistenza è giustificata dai deboli? Che fine hanno fatto gli oppressi e gli oppressori? Ci sono ma non si vedono. La dittatura da militare ora è diventata possessiva, ai fucili si sostituisce il denaro ma non è mica meglio di prima. E’ uguale, anzi, forse è peggio, perché prima i fucili te li puntavano mal che vada alle spalle, ora li nascondono proprio, li infognano dietro a un sorrisone e un bauletto di Gucci. E BOOM, HEADSHOOT. Ti eliminano, ti denigrano, scavalcano il tuo cadavere ancora caldo e vanno avanti, diventando sempre più beautiful e meno people. 

D’altra parte non è colpa nostra se noi abbiamo sempre torto e loro sempre più ragione.

 

 

questo post, come probabilmente altri a seguire, nasce sulla base di una canzone. Io ragiono sempre per canzoni, in primis perché vivo con la musica costantemente su, e poi perché ciò che mi provoca emozioni mi resta dentro e non posso fare a meno di utilizzarlo come materiale primario per un’eventuale creazione: un racconto, una foto, un disegno.  Per raccontarmi e  raccontare.

some people believe in God, I believe in music: they pray, I turn on the radio.

 

Una notte.

“Faccio un blog! Faccio un blog…! Faccio un blog? Nah.”

E invece, una notte (la stessa del titolo) a mezzanotte e tredici, creo il mio primo blog. Per colpa della mia incostanza e della mia svogliatezza purtroppo costante adesso sarò presa bene, poi probabilmente questa presaggine (ma esiste la parola presaggine?) scemerà lentamente e a ottobre duemilaquattordici dirò “oh, avevo un blog io? Forse posso scriverci ancora”. ma prima, ahimè, finirà nel dimenticatoio. Bene, vediamo fino a che punto arriviamo….